lunedì 28 marzo 2016

Siamo nati e non moriremo mai più - Cristiana Paccini e Simone Troisi - Ed. La Porziuncola

Siamo nati e non moriremo mai più

 di Cristiana Paccini e Simone Troisi

 Ed. La Porziuncola


Piccoli passi possibili - AA.VV. - Ed. La Porziuncola

Piccoli passi possibili

 AA.VV.

 Ed. La Porziuncola





 Storia di Chiara Corbella Petrillo





Dopo molto tempo che non leggevo un libro, mi sono deciso a leggere questa storia e quindi ne ho letti, di seguito, addirittura due!
Ho atteso che passasse il momento in cui non si faceva che parlarne in certi ambienti, per conseguire una valutazione più autonoma e serena e li ho letti di un fiato, l’uno di seguito all’altro, alcuni mesi fa.

“Siamo nati e non moriremo mai più” e “Piccoli passi possibili” meritano di essere citati insieme perché sono una storia in due atti, alla quale, stando alla cronaca, manca il lieto fine. Una storia nella quale mi sono sentito coinvolto anche per aver assistito ad una testimonianza di Chiara ed Enrico ad Assisi.

La storia è quella di una ragazza cresciuta a pane e francescanesimo, un percorso che ritengo sano, dai risvolti in alcuni casi incomprensibili, come sembra incomprensibile il percorso intrapreso da Chiara Corbello Petrillo, una ragazza dei nostri giorni che già viene considerata in “odore di santità”.

La cronaca è tragica: la giovine sposa compie la scelta difficile, condivisa dal marito, di portare a compimento una gravidanza serena, che procede ottimamente, mettendo al mondo una bimba affetta da anencefalia, mancanza della scatola cranica. <<Accompagnano alla vita>> questa creatura che vive approssimativamente mezzora. Tempo dopo Chiara ed Enrico, si recano proprio ad Assisi ad offrire la propria testimonianza al capodanno francescano del 2010 ed alla fine annunciano con gioia che Chiara è nuovamente in dolce attesa: questa volta di un bimbo. Dalle ecografie del settimo mese si riscontrano malformazioni viscerali con assenza degli arti inferiori e incompatibilità con la vita. Accompagnano alla vita Davide Giovanni che vive pochi minuti. Successivamente, Chiara, incinta di Francesco scopre di avere un grave tumore che richiede immediatamente delle cure che però avrebbero messo in pericolo la sopravvivenza del bambino. Rimanda le cure affinché potesse portare a compimento la gravidanza e, soprattutto a causa del ritardo desiderato per non nuocere a Francesco, le sue condizioni di salute si aggravano ed il decorso della malattia proseguirà inarrestabile fino a provocarne la morte, o se si vuole, la nascita in cielo (il 4 Ottobre, S. Francesco d'Assisi, si festeggia proprio la data del suo "transito"). 

La testimonianza di vita è angelica: in ogni passo, in ogni momento di questa storia, raccontata con una semplicità devastante, ma fino in fondo, si intravvede, come se tale storia potesse ritenersi comune, un percorso fatto in due, anzi in tre se vogliamo: la tragedia di una donna, vissuta in unione al marito con la presenza costante della loro incrollabile fede. La storia, nella sua unicità, sembra addirittura il banale racconto di un susseguirsi di ostacoli insormontabili e di tragedie, ma la testimonianza angelica è nel “come” queste difficoltà sono state costantemente interpretate ed affrontate. Nel modo di “pensare”, dove pensare è insieme al vivere un pregare ed un credere, si scoprono le risorse talvolta inimmaginabili di una persona formata alla fede, quella vera, che possono scaturire dal sentirsi amati, senza alcun dubbio ed oltre ogni limite dell’umano. Il mostrarsi serena agli altri nelle difficoltà, a quelli che di questa storia sono testimoni e che dei testi si fanno autori, lascia un'impronta indelebile, una volta di più dimostra che la certezza di essere amati può vincere su tutto.

Nella  testimonianza  di  Padre  Francesco  in  “Piccoli passi possibili” si legge: <<Molti vengono qui e fanno un percorso, ma poi prendono ciò che hanno ascoltato e lo chiudono in un cassetto. La loro vita non cambierà di una virgola, anzi è peggio, perché certe cose le sai, sono dentro di te e non traducendole ti fanno sentire ancora peggio. Chi decolla nella vita dentro ad un ascolto? Solo chi si fida della Parola che ha ascoltato e decide di farla diventare reale, concreta, nelle scelte (anche in quelle dolorose). Quando fai delle esperienze che diventano esperienza allora la vita si trasforma>>.

Bisogna dire che a Chiara ed Enrico non sono mancate le occasioni di fare scelte difficili e di dover ricorrere costantemente alla “traduzione” degli eventi che dovevano affrontare, a volte <<per non impazzire>>, confida Chiara. Questo offre uno spunto, a mio parere significativo, a chi considera la fede come un dono che o si ha o non si ha.

<<Beato chi ci crede!>>, si potrebbe dire! E invece viene in evidenza che la fede è un percorso, un lavorìo continuo e costante di traduzione che richiede incessante e continuo esercizio. E che offre dei doni. Chiara <<viveva la sua quotidianità senza preoccuparsi di quello che sarebbe avvenuto dopo>>, riferisce Elisa e questo sembra essere un grande dono, una prima grande conquista!

Troppo spesso non muoviamo passi perché siamo terrorizzati dal futuro o ripensiamo al passato. Troppo spesso aspettiamo che qualcosa ci venga dato, che cada dal cielo, senza sperimentare i nostri piccoli passi possibili. Uno dei primi passi possibile compiuti da Chiara è la <<desatellazione>>, riferisce Padre Vito  <<in cui si deve sperimentare l’autonomia e iniziare a vivere sotto un’altra paternità>>.

 <<Dio ama farsi intravedere, non è mai palese nelle cose. Perché se fosse palese nelle cose tu non saresti più libero di fare una scelta. Lui ti ama così tanto che si lascia solo intravedere.  Se tu inizi a capire come lui si fa vedere, inizi a vedere di più, a capire di più>>, riferisce Enrico.

Comprensibile quindi, il desiderare una vita normale ma <<Non esiste una vita normale!>>, tuona Padre Vito, riferendo come una delle sue tentazioni, questo desiderio di Chiara, << Quella che chiamiamo vita normale è solo un cumulo di pretese, un cumulo di illusioni>> un marito, un fidanzato, un lavoro “normale” non sarebbero come il tuo <<Non esistono! Sono una bella collana che ti sei messo addosso, fatta di pie illusioni che sono il tuo guinzaglio. Esistono vite originali e ognuno ha la sua>>.

Nonostante la brevità di queste riflessioni, il mio invito alla lettura è forte. Le riflessioni sono brevi, proprio perché riferite ad un’esperienza profonda e personale tutta da vivere nella lettura; brevi, per lasciare spazio a quanto si può trarre per sé da questa storia reale; brevi, perché afferendo ad  una storia reale e così profonda non è il caso di prodigarsi in opinioni e considerazioni manieristiche e di genere che potrebbero svilirne il contenuto.

L’invito è forte, pur essendo generalmente restìo a trattare pubblicamente certi argomenti profondi e personali come la fede, e tutto ciò che sulla fede si potrebbe desumere da questa storia di vita; forte, perché l’esperienza di lettura risulta permeante, nel suo linguaggio semplice e diretto; forte, perché ancora oggi, quando sfoglio questi libri, non ricordo il racconto di una tragedia, tutt’altro, mi pervade ancora il senso di una profonda e assoluta dolcezza.

Giulio della Valle

lunedì 21 marzo 2016

Si può ancora dire Dio? -  Mimmo Armiento - Ed. Narcissus

Si può ancora dire Dio?


 Mimmo Armiento

 Ed. Narcissus



Mimmo Armiento si è formato a Padova, vive e lavora a Manfredonia come psicologo psicoterapeuta. Propone una visione dell'origine dell'uomo che non può derivare dal caos del big bang o dalla naturale selezione della specie come affermano le teorie Darwiniane. Allievo di p. Giovanni Marini ofm, ha fondato l'associazione "ingannevole come l'amore" che cura insieme a sua moglie Cinzia e ad uno staff di giovani che credono nei valori che promuove.


A dispetto del titolo Mimmo Armiento dice subito Dio, anzi confesserà al termine di avere la sensazione di aver detto Dio in ogni parola del suo saggio. Chi conosce Mimmo Armiento non può dubitare della sincerità del suo punto di vista e chi ha preso parte agli incontri di ingannevole come l'amore, riconosce subito il suo linguaggio.

Ciascuno è chiuso nei suoi schemi autoreferenziali e ciò che è vita è venirne fuori, potremmo sintetizzare, per evitare gli effetti limitanti del nostro sabotatore interno che in questo nostro personalissimo quadrato si alimenta.
Viviamo grazie ad un permesso di esistere, donatoci da una madre sufficientemente buona, ma prima di dirci di essere figli suoi, Mimmo indaga su ciò che ci ha originati davvero, da prima.


Ecco quindi una critica accesa alle teorie della Creazione come derivate da un Big Bang e delle teorie di Darwin sulla selezione naturale e quindi lo scorgere nell'ordine delle cose che compongono il nostro universo qualcosa che non può essersi determinata dal caos ma da un'intenzione primaria che ci ha voluti e della quale siamo figli prima di essere figli dei nostri genitori e del mondo intero.

Affronta la scienza nelle sue accezioni di matematica e di fisica e nei suoi paradigmi di "dimostrazione" argomentando compiutamente sui limiti che si frappongono nella ricerca allorquando si elevano a "legge" i paradigmi stessi, alcuni dei quali si contraddicono tra loro, altri che non dimostrano nulla oltre se stessi perché dal nulla non deriva nulla.

Nella ricerca del momento prius della nostra stessa creazione diviene quindi anche possibile comprendere se sia nato prima l'uovo o la gallina nell'intenzione che ci ha generati che è quel permesso di esistere che ci tiene in vita.

Armiento affronta i temi specifici del suo campo professionale ed esce egli stesso dai suoi schemi, da quegli schemi mentali che imprigionano, commentando le teorie di famosi autori classici.

Anche sulla convivenza degli uomini regolata dal mondo del diritto, Mimmo fa le sue osservazioni.

Finanche i principi sanciti nell'obbedienza alla legge rappresentati nella banalità del male di Hannah Arendt,che abbiamo qui recensito come cronaca di un processo, ben dimostra come, nel chiuso della propria autoreferenzialità, possano generarsi mostri, mostri di ubbidienza e di coerenza a principi assoluti che negano la stessa natura umana degli individui come persona: essere volitivo e raziocinante volto per sua natura al bene, dicevano alcuni filosofi classici.

La mente quadrata è già dotata di proprie interne rappresentazioni, ma esiste finché viene vivificata dall'innato rapporto nuziale dell'uomo con ciò che è fuori da sé stesso, nel rapporto con l'altro individuo, con il creato stesso e con il Creatore.

Essa non va a caso ma ha bisogno di confrontarsi con il mondo che esiste fuori dai propri schemi che la arricchisce, di un confronto che impedisce di cadere nell'autoreferenzialità suicida del mito di Narciso, impegnato unicamente a specchiarsi nelle acque di un fiume che rappresentava la materna accoglienza alla vita; quella madre sufficientemente buona perché un individuo scelga di vivere, come ci ricorda Mimmo Armiento.

Abbiamo goduto molto dei tratti tipici della psicoterapia applicata alla comuni contraddizioni con cui solitamente ci confrontiamo ed i racconti personali dell'autore, a volte districandoci poco agevolmente tra l'io il me ed il tu, le cui distinzioni però alla fine risultano chiare.

Mimmo Armiento svolge un percorso scientifico dai preziosi tratti umani che risulta comprensibile anche all'uomo comune nonostante la natura tecnica del lavoro di analisi sui principi della Creazione, del mondo, che sfocia nell'amore gratuito e nella specifica natura nuziale dell'essere umano con una copiosa bibliografia di riferimento che non trascura i Vangeli.

Giulio della Valle

lunedì 14 marzo 2016

Come combattere l'ansia  e trasformarla in forza - Luca Stanchieri - Ed. Newton

Come combattere l'ansia

 e trasformarla in forza


 Luca Stanchieri

 Ed. Newton



"L'ipotesi che attraversa questo libro è che l'ansia sia correlata al rapporto fra individuo e contesto, che sia un segnale che rimandi all'individuazione di obiettivi di sviluppo, e che si avvalga, sia nella sua scaturigine che nel suo superamento delle principali questioni culturali inerenti ad una  determinata epoca". (L. Stancheri)



In 21 capitoli, ciascuno suggellato da specifiche conclusioni, l'autore ci spiega che l'ansia è insita nell'uomo, che scatena una serie di reazioni primordiali che predispongono al meglio l'organismo all'immobilità, alla fuga o al contrattacco.



Essa ha garantito la sopravvivenza all'essere umano nella sua evoluzione. Oggi, le paure ed i conflitti, soprattutto quelli che si originano all'interno dell'individuo, scatenano le stesse reazioni nell'organismo anche per fronteggiare situazioni più complesse di quelle che in origine potevano affrontarsi con l'immobilità, la fuga e il contrattacco, e quindi risultano inadeguate alle esigenze dell'uomo moderno e fonte di malessere.



Resta misteriosa l'origine dell'attacco di panico, ma sicuramente lo stato di attesa che il temuto pericolo si manifesti (temuto in base alle proprie immaginazioni interne emotive e razionali o alle sollecitazioni esterne mutuate al tessuto sociale) si può definire stato di ansia ed è a volte più deleterio e defaticante delle energie richieste per affrontare il pericolo reale.



Dall'escursus storico che offre l'autore, si evince che l'ansia è una costante dell'evoluzione umana, dapprima ritenuta associata a origini etniche e razziste, poi a patologie psichiatriche, infine dettata dalle comuni difficoltà di adattamento ad una società cristallizzata in schemi rigidi (il ruolo della donna, il ruolo dell'uomo, le pulsioni sessuali, il compito dei leader).



Tali diffuse difficoltà di adattamento hanno visto l'egemonia della medicina di base nella cura delle conseguenze degli stati d'ansia con prodotti quali il Miltown, il Valium e lo Xanax che garantivano a tutti una sorta di felicità farmacologica. Più di recente l'ansia invece è conseguenza delle pressanti richieste di un mutato contesto sociale in cui, di converso, è richiesto di emergere per le proprie caratteristiche, peculiarità e vocazioni individuali: una ricerca nella quale a volte l'individuo si perde nel cercare la propria realizzazione ed il "se stesso" da mostrare al mondo. Anche ora viene proposta la felicità farmacologica, ma non più per adattarsi con l'obbedienza a schemi predefiniti bensì perché viene richiesto di essere espressione di qualcosa di nuovo e di eccellere in competitività. L'ansia rende insopportabile adattarsi ed al contempo impedisce il cambiamento; è l'insopportabilità di una situazione ed al contempo il non sentirsi in grado di cambiarla. A volte genera un ripiegamento su sé stessi come per rinunciare alla felicità accontentandosi di evitare la sofferenza mentre invece è spesso il desiderio di felicità a generarla, l'attrazione per l'altro la premessa di un amore, ecc. ecc..

Nei rapporti di lavoro (si vedano il manager ed il venditore) come in quelli affettivi (si veda chi viene costantemente tradito), dà voce al contemporaneo bisogno di differenziarsi e di appartenere ad un gruppo, ad un contesto sociale, che è tipico dell'adolescente. Si alimenta nelle paure ataviche del bambino che teme di non essere accettato e amato.

Si manifesta nell'adulto che ha dimenticato di essere stato un bambino felice, diremo, di "essere per essere", piuttosto che per rispondere ai doveri ed alle pressioni cui è sottoposto dall'esterno. 

Il timore che un insuccesso si ripeta impedisce di conseguire il successo, diventa una sorta di "paura di vincere" perché se un insuccesso può ripetersi ciò può anche non accadere più, la convinzione di non poter essere amati distrugge i rapporti d'amore, perché chi controlla l'amato alla continua ricerca del tradimento pur si sente frustrato se ciò non avviene e ciò nonostante non sopiscono i suoi sospetti. L'ansia non è segno di rassegnazione, ma è indice proprio del non riuscire ad estranearsi da sé. In tal caso, infatti, si riuscirebbe a vivere serenamente con quella tranquillità tipica di una persona anziana che pur facendosi brillare gli occhi al ricordo della sua gioventù vive con serenità, appagata, la propria condizione attuale. L'ansia, invece, è il segno evidente che lo stato ansioso-depressivo è dovuto al non essere riuscito ad adattarsi e ad estranearsi da sé stesso ed è quindi una risorsa per muovere il cambiamento. Il primo passo è accettarsi e scoprire l'ansia come sintomo di desiderio inespresso e di potenzialità represse.

La seconda parte del libro invita a riconoscere e far leva sui propri punti di forza ed offre interessanti definizioni di sentimenti quali il coraggio e l'umanità secondo le quali solo l'ansioso può avere coraggio e l'amare non è mai causa di ansia. Affrontando, come era prevedibile, un test, si evita di pretendere di correggere le proprie debolezze, a volte assimilate alla sfera della volontà, ma si propone e si invita a concentrarsi su sé stessi per riconoscere, dapprima, ed esprimere poi, secondo un piano di lavoro fatto di continui esperimenti, le proprie potenzialità.

La felicità, la socievolezza, ogni proprio obiettivo, si può raggiungere con una diversa combinazione di fattori positivi ed occorre pertanto riconoscere le proprie potenzialità e sperimentare condizioni che possano consentire il raggiungimento del proprio scopo anche durante il sopravvenire dell'ansia, sfruttandola, come detto, come stimolo positivo al cambiamento.

Può essere il mezzo per scoprire la propria vocazione, certamente facendo molta pratica, perché la creatività abbisogna di realizzazione concreta: bisogna scegliere e partire perché agire è potere ed è efficace antagonista dell'ansia anche quando convive con essa. Agire con costanza, distinguere ciò che dipende da ciò che non dipende da noi, provare la sensazione del flusso, che certamente già conosciamo, ci permette di rilassarci a recuperare energie e ripartire in modo fruttuoso verso i nostri obiettivi e di persegurli in una costante ed impraticabile pratica che mentre la persegue è già felicitá.

Curioso che in esso si faccia implicito riferimento alla lezione de "lo zen e il tiro con l'arco".

Giulio della Valle