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domenica 11 novembre 2018

 Il segreto di Padre Pio

Antonio Socci


Il segreto di Padre Pio


Ed.Rizzoli BUR


Non amo lo stile giornalistico di Socci che quando si fa titolista cerca qualcosa d'effetto, ma il libro non lascia indifferenti e, almeno a caldo, offre l'idea di una dimensione molto particolare dove anche ciò che è noto ai più assume una veste nuova: ora divina, ora certezza assoluta del credente, a volte quella di una denuncia attuale, come non si sapesse già tutto. Questa riattualizzazione, nonostante una cronologia storica di eventi del secolo scorso avvicina al frate di Pietralcina, alla Fede, ai misteri certezza della fede cattolica. Colpisce quanto Socci rappresenti Padre Pio consapevole della sua missione piuttosto che strumento ignaro del divino come lo avevo finora immaginato, dopo aver navigato nelle testimonianze ma anche e soprattutto negli avvenimenti storici del secolo scorso che, secondo l'autore, non sono casuali, ma conferme di un chiaro e preciso disegno divino che talvolta proprio gli uomini della Chiesa non hanno saputo riconoscere, vessando un santo loro contemporaneo.

lunedì 19 dicembre 2016

 Indagine su Gesù

Antonio Socci

Ed. Rizzoli BUR


"Dio sa scrivere diritto sulle nostre righe molto storte"



Certo, non ci aspettavamo rivelazioni clamorose e recenti, giacché la storia è già scritta e da molto tempo, ma ci saremmo attesi un'analisi critica e analitica un po' più disincantata di quella dettata dall'amore assoluto per la dottrina cattolica. Tocca la sensibilità dell'autore, dichiaratamente cattolico cristiano, e quindi forse questo ci dovevamo aspettare. A volte commuove, nella descrizione dei tratti umani di Gesù, dal quale si resta affascinati (e come non potrebbe esserlo?) attraverso l'autore, ma l'indagine manca di spunti critici su alcuni aspetti: le prove dell'esistenza in vita di Gesù' aldilà dei Vangeli canonizzati, pur riferendo Socci dei passi dedicati a Gesù nel Corano ed il rispetto che nutre per Gesù il Dalai Lama, rappresentante della comunità buddista mondiale; l'analisi dei problemi che la dottrina rivoluzionaria di Gesù indusse non solo nel potere costituito, ma nei "giusti" che pur rispettavano il diritto, la legge scritta, i costumi e gli usi del tempo, che, questo è indiscutibile, non sono stati più gli stessi dopo l'avvento del Cristianesimo.
L'indagine di Socci scorre gli episodi più noti della vita di Gesù che può presentarsi come un ottimo Bignami per chi si avvicina alla Sua persona, ma che può risultare scontato e ripetitivo agli occhi di chi è avvezzo agli studi evangelici. Fin qui, dunque, nulla di nuovo, nessun nuovo spunto interpretativo, nessuna modernizzazione della Sua figura, per quanto non sia già attuale e moderno il contenuto della Sua predicazione; tuttora attuale e moderno perché dettata all'uomo da chi ne conosce profondamente l'animo.
Il prologo all'indagine svolta da Socci compie un excursus dei pensatori più antichi e più moderni su Gesù, scegliendo volutamente, nel pensiero dei laici, quei contenuti che riconoscono intrinsecamente la portata unica della dottrina di Gesù che in meno di tre anni di predicazione, ha cambiato la storia del mondo.
Il lavoro prende le mosse dalla conversione del filofoso e scienziato Antony Flew nella sua visione delle origini del mondo che non può essere frutto del caos, ma soltanto di una mente creatrice (V. la composizione dell'atomo, l'orbita della terra che permette la sussistenza della vita, la stratosfera che la protegge e che, con il nucleo magmatico delle sue plumbee viscere garantisce un ambiente protetto in un campo magnetico perfettamente bilanciato) che ha voluto l'habitat che conosciamo come "natura", in cui è stato creato l'uomo ad immagine e somiglianza di Dio, ma si sofferma poco sulle prove della natura umana ed al contempo divina di Gesù oltre le sue stesse parole.
Il Cristianesimo
Fin qui, più che parlare di Gesù, si parla del Cristianesimo, della rivoluzione culturale che esso ha apportato nell'Occidente e sul merito che esso ha conseguito nel garantire all'Europa un primato mondiale rispetto alle culture del resto del mondo dopo le invasioni barbariche ed il primato dell'agricoltura grazie alla vita operosa dei monaci. Dovrebbe ricordare però Socci, che l'influenza del Cristianesimo come dottrina culturale divenuta egemone in occidente e fondatrice dei diritti fondamentali dell'uomo, dell'uguaglianza tra uomo e donna, dell'uguaglianza tra esseri umani perché fratelli e affrancatrice dalla schiavitù, non è conseguita immediatamente alla comparsa del Nazareno, finito condannato come un impostore, ancorché come nemico dell'imperatore, ma è approdata a Roma ed ha mutato i principi fondanti l'Impero romano, a partire da Giustiniano, primo imperatore cristiano, tempo dopo che Gesù è vissuto su questa terra. Giunse a Roma nelle mani di Paolo secoli dopo e stravolse Roma.
Questo ha consentito ad alcuni di riferire che l'esistenza di Gesù sarebbe stato un mito d'Oriente che poi ha messo radici nell'Occidente, nella cultura di Roma. Non è quindi il caso di parlare della portata egemone del cristianesimo nella cultura occidentale, che pur si sarebbe potuta evolvere in questo senso senza la venuta di Gesù sulla terra, ma di indagare, a favore di chi non crede, sull'esistenza dell'anello di congiunzione tra il fatto che Gesù sia esistito ed il germogliare a Roma della sua dottrina, quivi portata da S. Paolo e suffragata da cronache (I Vangeli) (Socci liquida in una battuta quelli non canonici o sinottici) sostanzialmente postume e scritte un secolo dopo la presunta esistenza in vita del tale Gesù il Nazareno che si proclamava figlio di Dio.
Anche il merito riconosciuto al Cristianesimo di aver permesso allo Stato, per contrapposizione,  di essere "laico", svuotando la carica dell'Imperatore, o meglio del suo predecessore "Pontefice maximus" del suo contenuto divino, come fosse Dio in terra, appare un po' frettoloso. Non tiene nella dovuta considerazione gli Studi di Storia del diritto romano, basati proprio soprattutto sulle cronache dei Vangeli oltre alle altre fonti disponibili, secondo i quali già a quei tempi sussistevano due distinti poteri: quello di un Imperatore che aveva il potere di vita e di morte sui suoi sudditi e quello dei sacerdoti che pur curando una cosiddetta "Religione di Stato" non avevano tale potere di vita e di morte ed infatti sollecitarono l'intervento del potere di Roma per "motivi di ordine pubblico", denunciando Gesù come un sobillatore delle masse, nemico di Cesare, per vederlo condannare a morte (V. "il processo contro Gesù" di Amarelli F. (Curatore), Lucrezi F. (Ed. Iovene)). La famosa frase sul versamento delle tasse: <<Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio>> (Mt. 22,21) che pur sarebbe dovuta essere sufficiente a scagionarlo, se Roma avesse potuto concepire l'esistenza di un altro ordinamento giuridico oltre il proprio, non varrà a salvarlo dalla condanna. Secondo Socci lo stesso brano (Lc. 20,24-25) è il modo in cui Gesù laicizza le autorità di questo mondo (Ivi p. 235). Vedremo poi che per Socci il modo di leggere il Vangelo non può essere quello che si propone il giurista.
L'efficacia normativa rivoluzionaria della predicazione di Gesù
Occorre quindi mettere in evidenza la portata rivoluzionaria della predicazione di Gesù in relazione al rispetto della "legge", essendosi posta come nuova fonte del diritto, e di un diritto dotato di contenuti assolutamente nuovi e quindi confliggenti con la cultura dei suoi contemporanei. Si liquida troppo spesso, e lo fa anche Socci, chi rispetta la legge del tempo (il fariseo) come una persona falsa e dedita alla pura apparenza come se invece nel cuore nutrisse malvagità (quanto meno oggi pensiamo a chi si batte il petto in Chiesa e compie azioni malvagie); ai testimoni dell'adulterio della donna che Gesù sottrae alla lapidazione come ad assassini. In realtà, bisogna mettere bene in evidenza che questi rispondevano alla legge ebraica e che prima del Cristianesimo non vi era una fonte di diritto diversa e alternativa dotata dell'umanità che Gesù assurge a regola divina. Gesù era ebreo, viveva in una comunità nella quale vigevano oltre 600 precetti tra i quali, i più noti, contro i quali predica e agisce Gesù: il rispetto del riposo il sabato (derivato dal vecchio testamento che narra nella Genesi che il settimo giorno Dio si riposò e si compiacque della Sua opera), la norma che prescriveva che i testimoni dell'adulterio (crimine riconosciuto possibile solo per la donna) fossero i primi a lanciare la pietra contro l'adultera, perché essi che avevano visto dessero il via alla pubblica condanna, in luogo pubblico, a monito per tutte le donne che potessero pensare di rendersi adultere. Entrambi dettati dalla legge di Mosé, ovvero della legge ai tempi di Mosé, i primi cinque libri della Bibbia.
La lapidazione era quindi il modo di quella cultura di condannare l'adulterio per tutelare il peso del vincolo matrimoniale e la potestà dell'uomo sulla donna: la condanna a morte, nella quale perì per intervento dell'Impero Romano, lo stesso Gesù! La legge aveva imposto il ripudio ai farisei, come si legge nei Vangeli (Mt. 10, 2) e Gesù disvela loro che quella norma è prevista per la durezza del loro cuore e che Dio [sin dal principio] li fece maschio e femmina (Mt. 10, 5-6). Gli stessi apostoli, evidentemente senza l'intento ingannevole dei farisei, interrogano Gesù sul ripudio (Mt. 10, 10). (Su tutto (Mt 10, 2-12). Si ricorderà che la stessa Maria, promessa sposa di Giuseppe, teme che la Sua gravidanza non conseguita ad un loro amplesso possa provocare il ripudio, secondo la legge dell'epoca, potendola solo intendere, se non come adulterio, come evidente conseguenza di un tradimento del promesso sposo. Giuseppe quindi è impedito dalla legge del tempo, che regola la vita dei saggi e degli empi, ad accettare di sposare una donna che lo ha tradito, finché la visione dell'Angelo non gli rivela la volontà divina (un Ordine nelle cose fino ad allora sconosciuto all'uomo). La norma sul ripudio, trova la sua fine in queste parole di Gesù che sono fonte di nuovo diritto e collidono con la tradizione allora conosciuta ("...Giacché Dio ha sposato l'umanità per sua natura adultera" -  Omelia della messa delle 18,30 del 2 Ottobre 2015 - Parrocchia di Santa Maria della Mercede - Napoli).
Finché non comprendiamo che non esisteva una legge del cuore che desse alla donna pari dignità di quella riconosciuta all'uomo (perché oggi sembra assurdo doverlo dire), finché non comprendiamo che il mondo era fatto da uomini sui iuris che governavano la propria familia e uomini in potestate che erano schiavi, come in potestate del padre o del marito erano tutte le donne (e sembra oggi assurdo doverlo dire), non comprendiamo la irreprensibilità e la buona fede di chi rispettava le regole che, anche in Socci, non sembra essere posta nella dovuta evidenza. Non comprendiamo che erano realmente "persone perbene" questi che, increduli, chiedono anche a Gesù al cospetto dell'adultera: <<Che cosa dobbiamo fare>> (Gv. 8, 1-11). Anche in assenza di inganno, sembra come se avessero detto: <<Questo (la lapidazione) prescrive la legge, la legge di Mosé (i primi cinque libri della Bibbia, V. anche Mt. 10, 2-12) che è la legge di Dio>>, forse ne provavano già essi stessi ripugnanza, <<Tu cosa dici che si debba fare?>>. <<Secondo la legge chi ha visto deve dare il via alla lapidazione, tu che dici?>>. "Non "Chi ha visto"", sembra rispondere Gesu', "Chi è senza peccato..." (Gv. 8,7). Quest'affermazione, la più importante dichiarazione giuridica della storia dell'uomo, è fonte di diritto confliggente con il diritto in vigore nella comunità ebraica di Gesù. Le centinaia di precetti esistenti Egli li sostituisce con note massime di principio che sono fonte di diritto del tutto nuova: <<Non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te>> (Mt. 7,12, Lc. 6,31) e soprattutto <<Ama il prossimo tuo come te stesso>> (Mt. 22,39; Gv. 13,24).
Nessuna legge scritta prescrive, ancora oggi, un principio del genere, ma, lo sappiamo, il diritto positivo è regola sancita per l'empio, per il malvagio, e tende a reprimerlo con pene emblematiche e significative, mentre il saggio, il giusto, secondo lunga dottrina filosofica (mutuata, come no, proprio al Cristianesimo, dopo il c.d. "diritto naturale" secondo il quale è nella natura delle cose che prevalga il più forte sul più debole) volge per sua natura al bene.
Questo deve significativamente smarcare quelle figure additate come persone false e malvagie dall'idea che essi fossero "criminali". Erano forse "delinquenti" agli occhi di Dio, ma prima dell'avvento di Cristo la legge di Dio non esisteva o quanto meno non era conosciuta, non era rivelata e non in questa forma. Pertanto questi soggetti con i quali Gesù si confronta e che oggi ci appaiono tanto deprecabili, ci appaiono tali per la cultura della quale siamo intrisi ma a quel tempo erano forse realmente quanto di meglio sapesse esprimere la società.
Questo discorso, che sento di fare a difesa delle persone comuni, ovviamente, non giustifica gli oppositori di Gesù nel Sinedrio. Sebbene i Sinedriti avessero in animo di difendere la legge come allora conosciuta, i loro comportamenti erano pur dettati dalla preoccupazione di conservare il ruolo di rilievo che avevano nella società, e costoro per ottenere la condanna a morte del Nazareno ricorsero al potere sanzionatorio riconosciuto all'impero romano, altro e distinto ordine gerarchico da quello dei Sinedriti che non potevano comminare la pena capitale. Questo, però, è un altro lungo discorso relativo al "Processo a Gesù" ed alle accuse rivolte al Messia allorché a chi lo accusava di porsi contro Roma rivelò dettare i precetti di un altro ordine giuridico rispondendo con la celebre frase: <<Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio>> (Mt. 22,21; Mc. 12,17, Lc. 20,25 ).
L'aspetto fisico di Gesù, il suo predicare alla folla, i miracoli
L'indagine vera e propria su Gesù, svolta da Socci, prende le mosse dal suo aspetto fisico dedotto dalla Sacra Sindone: un uomo alto, bello e muscoloso, grazie al suo lavoro manuale di falegname, che affascina anche oltre le sue parole. Un uomo forte, ci riferisce Socci, che affronta la sua missione trovandosi ad affrontare un defaticante pellegrinaggio ed a vivere senza fissa dimora talvolta dormendo anche all'aperto. Un uomo forte, come, per altri versi, nello stesso solco, risulta forte S. Francesco d'Assisi, per quanto a differenza di Gesù non bello e gradevole nell'aspetto e misero nel fisico, che pur dimostra forza nella sua umiltà, quella con cui vince la resistenza di Papa Innocenzo III nell'accettazione della sua regola. Socci sembra voler liberare Gesù dalla rappresentazione del crocefisso che per alcuni può assurgere a icona della debolezza piuttosto che al dono di sé stesso per amore e si sofferma sulla tenerezza che mostra nel contatto con gli uomini, del quale è desideroso, quasi avido. Proprio per conservare il contatto con la folla avrebbe moltiplicato i pani ed i pesci.
Pur non immaginandolo come una rockstar circondata da guardaspalle, indubbiamente tutta questa folla assiepata intorno a lui, qualche problema lo avrà pur dovuto creare, se non a Zaccheo che si arrampicò ad un albero per vederlo passare (Lc. 19, 1-10), alla donna che si fece spazio tra la folla per poterlo toccare (Mt. 20,22). Accoglie tutti, consola, guarisce. In particolare, Socci si sofferma sullo sguardo di Gesù, prendendo le mosse da un episodio narrato dai Vangeli quando Gesù preannuncia a Pietro il suo tradimento (Mt. 26, 30-35), narrato da tutti gli evangelisti (Mt. 26, 69-75; Mc. 14,66-72; Lc. 22,54-62; Gv. 18,12-27), e quando appare agli apostoli dopo la resurrezione senza mostrarsi risentito per il comportamento dell'apostolo (Gv. 21,15-17), che chiamò Satana, allorquando invitò Gesù a sottrarsi al suo destino (Mt. 16,23; Mc. 8,33). Pietro non era affatto consapevole della necessita' che Gesù andasse incontro al supplizio ed infatti, alla sua morte, esclamò poco prima che gli apparisse: <<Io vado a pescare>>, come se tutto fosse finito (Gv. 21,3).
Socci si sofferma soprattutto sullo sguardo, come se fosse il senso attraverso il quale Gesù opera e guarisce. Sulle guarigioni e sulla folla ci viene in mente ciò che sfugge a Socci nell'elencare famosi episodi narrati nel Vangelo. Il caso, è quello, emblematico, di quella donna che guarisce toccando il suo mantello (Mt. 9, 20-22). La donna, ricordiamolo, fa fatica a farsi largo tra la folla e guarisce nell'istante in cui riesce a toccarlo. Sembra potersi dire che Gesù, accortosi di quanto accaduto, si ferma e chiede sorpreso: <<Chi mi ha toccato?>>. Così la donna si mostra a Gesù e si dichiara guarita.
Ebbene, questo caso è emblematico per due fondamentali ragioni: innanzitutto la folla che si assiepa intorno a Gesù non sembra essere composta ed ordinata quanto costituita da individui che fanno di tutto per avvicinarsi a lui, tanto che possa risultare difficile a chi ne è maggiormente impedito nel fisico, e stride con l'idea del Messia bellamente riunito con chiunque voglia e che si possa porre tranquillo, seduto, ad ascoltarlo. In secondo luogo afferisce ad una guarigione non conseguita ad un gesto volontario di Gesù.
Gesù viene toccato dalla donna che riesce a giungere a lui, contro o comunque indipendentemente dalla Sua volontà ed istantaneamente consegue la guarigione dalle sue piaghe.
Questo fa supporre che Gesù sia energia benefica e guaritrice pura, immersa in mezzo alla folla, e, se toccarlo permette di conseguire la guarigione, il fatto che chi lo tocca nascostamente guarisce, deve far pensare che di questa energia di cui Gesù è portatore non possa giovarsi chiunque, ma soltanto chi ha già di per sé un animo puro e vicino a Dio. Pertanto, Gesù si porrebbe come tramite di energia benefica di Dio immerso tra gli uomini, disponibile a chi tra questi sia in grado di trarne beneficio. Da questo episodio si trae una chiave di lettura del tutto particolare alla frase che Gesù ripete in queste ed in altre occasioni: <<La tua fede ti ha salvato>>. Sembra che senza l'aver fede nulla sia possibile. Non è stato lui, ma è l'effetto della fede riposta in lui; non ha compiuto un atto volontaristico, non ha trafitto con il suo sguardo. Si è posto al contatto con gli uomini ed ha percepito chi, a sua insaputa, gli ha sottratto energia benefica conseguendo la guarigione.
L'inconsapevolezza di Gesù deve far pensare che egli si ponga come tramite con il Padre, porta di accesso alla guarigione per chi ha già fede in Dio. A questo punto potremmo ritenere che ogni guarigione è opera di Dio per il tramite di Gesù sui corpi ammalati degli uomini già pieni di fede e che la fede sia un presupposto indispensabile, senza il quale il miracolo non potrebbe compiersi. In tal senso: quando Gesù copre di fango misto a saliva (Gv. 9, 6-7) gli occhi del cieco, quando guarisce uno storpio, sta soltanto compiendo un rito? Si sta rendendo disponibile a consentire che ciò che è avvenuto a quella donna a sua insaputa possa compiersi nuovamente? Guarisce il corpo martoriato di una persona il cui animo, nella fede, è già vicino a Dio? Ogni volta che Gesù afferma: <<La tua fede ti ha salvato>>, viene in mente quella donna guarita grazie alla sua fede, alla sua certezza che, toccandolo, avrebbe conseguito la guarigione, e senza che Gesù le rivolgesse lo sguardo. Questi aspetti forse sarebbe il caso di affrontare e ci saremmo aspettati svolti in una vera e propria "indagine" sul Messia, finanche accettando la provocazione che, ove non vi fosse fede nella persona, Gesù non potesse operare miracoli, anche se questo contraddirrebbe altri ben noti episodi narrati nei Vangeli.
Gesù si pone al di sopra dell'atorà, è egli stesso l'atorà, la legge, è questo crea problemi alla comunità ebrea in cui i sinedriti promuovono le accuse (v. processo contro Gesù). Gesù si annuncia come il Messia e con il Cristianesimo realizza circa 350 profezie delle Sacre scritture, prima fra tutte quelle sulla progenie di Adamo, numerosa come un cielo pieno di stelle. Tutte profezie messianiche secondo gli stessi rabbini e con una possibilità statistica che esse si realizzassero in un solo uomo quanto sarebbe possibile trovare un elettrone indicato in miriadi di universi pari al nostro. Socci si sofferma a lungo sulla profezia di Daniele e le sue diverse interpretazioni nazionalistiche sia degli ebrei, sia dei romani.
La genealogia di Gesù
Se ben intendiamo Gesù sarebbe nato tra il 6 ed il 4 a.C. (atteso tra il 10 a.C. ed il 2 d.C.) ed i magi, esperti astrologi, avrebbero seguito la congiunzione di Giove e Saturno nella costellazione dei pesci - avvenuta tre volte quell'anno - o la stella Venere particolarmente luminosa. Giove rappresenta i dominatori del mondo, Saturno il protettore di Israele e la costellazione dei Pesci la fine dei tempi.
Quindi Socci affronta la genealogia  di Gesù e della verginità di Maria, come un fatto indiscutibile anche dopo il parto e finanche scomodo per i cristiani <<un vero scandalo per i Giudei, una stoltezza per i pagani>> (Ivi pag. 221) evinto dunque dalla realtà ancorché non necessario per confermare la profezia di Is 7,14.
Socci afferma che l'autenticità dei Vangeli è confermata dal fatto che in essi gli stessi apostoli sono rappresentati come <<sciocchi, meschini, duri di cervice o traditori>>. Desta perplessità, considerando che, per quanti essi fossero i fondatori di <<un gruppo dirigente di un nuovo movimento>> (Ivi pag. 221), i Vangeli non hanno lo scopo di esaltare gli apostoli nei confronti dei loro successori, bensì di rappresentare quanto si fosse poveri, negli umani limiti, al cospetto del Cristo. Come negare infatti che proprio tali caratteristiche degli apostoli risultano di conforto per perseverare nonostante tutti i propri comportamenti sciocchi, meschini, o di tradimento? Ciò sembra perfettamente corrispondere all'esigenza di affermare la divinità di Cristo come inarrivabile, anche per chi vi era stato a contatto, a volte incomprensibile, potendo sempre contare sul perdono, e anche se vi risulta coerente non sembra di per sé fondamento della loro autenticità.
Interessanti le considerazione sul perché Gesù era chiamato Nazareno e non nazireo (Ivi pag. 230-232) dal nome del suo clan e dal relativo toponimo (Ivi pag. 236), invocato re all'accesso a Gerusalemme (Ivi pag. 233), crocefisso recita il salmo 22 (Ivi pag. 237). E gli studi che confermano le predizioni del libro di Isaia che confermano che Gesù è il messia anche secondo i rabbini che in seguito ai loro studi si sono convertiti al cristianesimo come Israel Eugenio Zolli (rabbino capo della comunità di Roma dal 1939 al 1945) lo  stesso Paolo dapprima repressore dei cristiani, diviene poi il divulgatore della religione cristiana.  (Ivi pag. 260).
La Resurrezione
Interessante la spiegazione della Resurrezione e lo studio della Sacra Sindone  come <<Messaggio rivolto all'uomo del nostro tempo [...] che può decifrare questi dati [...] ma che [...] non può produrli>> e pertanto dell'importanza che essa assume nel rafforzare la fede, come peraltro i miracoli, le apparizioni, le stigmatizzazioni.
Non può passare sotto silenzio l'osservazione di S. Agostino che riferisce Socci che gli Apostoli videro il corpo e credettero nella Chiesa futura mentre noi che abbiamo visto la Chiesa crediamo nel corpo. (Ivi. Pag. 315 Nota 489)
Credo condivisibile che questo riassuma al meglio il concetto prioritario di fede come avulso dalla storia del Cristianesimo. È dunque nel cercare le prove della resurrezione di Gesù non possiamo affidarci a segni ed a eventi miracolistici, i presagi hanno addirittura il sapore della magia, della cartomanzia. È dunque anche affermare che Gesù risorto risiede in uno dei movimenti che costituiscono il corpo della Chiesa può essere forviante.
Io mi sto sempre più convincendo che la Chiesa è il dettame della propria coscienza, il movimento è il modo di sperimentarsi nella fratellanza e difficilmente ogni caratteristica di un movimento si attaglia perfettamente al proprio essere, per quanto mutevole. Quindi, a rischio di scomunica, se fossi importante e fossi letto, ritengo che l'importanza sia nel riporre ciò che intendiamo Dio in una esperienza condivisa gli altri. Gli altri sono indispensabili per comprendere ogni parte di sé.
Dunque nella Messa poniamo Dio, come nell'adorazione, come alla mensa familiare dove apriamo una preghiera che rimane aperta e sperimentiamo il confrontarci alla luce di Dio, che significa anche discutere, perché discutere aiuta a capirsi dove capirsi non vuol dire essere della stessa opinione ma confrontarsi ed esprimersi soprattutto ed anche nel conflitto riconoscere se stessi e l'altro nella propria identità. Cosa chiedere di più a Dio se non di esprimerci per quello che siamo, riconoscerci e riconoscere il prossimo, e ripianare ogni conflitto perché abbiamo messo a nudo le nostre proprie anime!? Lo insegnamo ai bambini che iniziano a competere nello sport e lo dimentichiamo da adulti!
Ecco allora che il merito del movimento è quello di garantire che puoi esprimerti per quello che sei, se "nel mondo" devi vestire ogni momento i più disparati abiti, e che ci sono sempre cinque minuti per essere ascoltato ed il rispetto della tua persona ed integrità che impedisce che qualcuno possa venire ad insegnarti cosa devi essere. Ditemi se già tutto questo non può essere quanto più intimamente agognamo invocando Dio; ditemi se non è proporre il meglio di sé ciò che facciamo nella componente religiosa della nostra vita. Pertanto, infine, che sia famiglia o movimento, mensa o comunità, mettiamo Dio dove possiamo formarci ed esprimerci, piuttosto che rincorrere prove nei "segni" o nel miracolismo di quanto avviene.
Di contro, indubbiamente sconvolge il caso Marthe Robin che per 50 anni si è nutrita solo di eucaristia, le manifestazioni fisiche delle stimate, le materializzazioni come il miracolo di Lanciano, le apparizioni come quelle a Madre Teresa di Calcutta, recentemente canonizzata. Le lasciamo al "mistero", prima che qualcuno possa affermare che si tratta di un evidente caso di becera "propaganda religiosa", o che se Dio esistesse i bambini non morirebbero di tumore e via discorrendo. Il mistero ha il potere immenso di spingere l'uomo oltre i propri limiti ed è per questo irrinunciabile per il bene dell'umanità.
Credo che se un indagine può condurre a questa conclusione è sempre un'indagine che vale la pena compiere!

Giulio della Valle

lunedì 4 aprile 2016

Non è Francesco


Non è Francesco

 Antonio Socci

 Ed. Mondadori




Leggiamo il libro dopo il tanto clamore che ha fatto seguito all’inchiesta di Socci e forse per questo motivo non siamo troppo affascinati dall’aspetto messo in evidenza nel titolo: Bergolio non sarebbe Papa perché non è stato validamente eletto. Jorge Mario Bergoglio è stato eletto alla sesta votazione, quinta votazione del 13 marzo 2013, mentre la Universi Dominici Gregis prescrive che vengano svolte, ogni giorno, al massimo quattro votazioni, altrimenti come <<L’autorevole cardinale Siri, assai esperto di Conclavi, anni fa spiegò sarcasticamente […] talvolta i prelati arrivano alla sera così stressati dal caldo che se si fosse posta una sedia al centro della Cappella Sistina sarebbe stata eletta Papa anch’essa, pur di mettere fine alla defatigante situazione>>.

In quella occasione si è proceduto ad una quinta votazione nello stesso giorno perché la quarta era stata annullata e quindi tam quam non esset, andava ripetuta. Non è di questo avviso l’autore giacché nella Universi Dominici Gregis vero è che l’art. 68 prevede che qualora al conteggio delle schede il numero delle schede non corrisponde al numero dei votanti la stessa venga annullata, ma l’art. 69 prevede che quando si riscontrano due schede piegate insieme, se esse siano costituite da due voti diversi vengano annullate, se esse siano costituite da un doppio voto se ne conteggi uno soltanto, come nel caso in cui ci sia una scheda votata ed una bianca. Quest’ultimo caso sembra essersi verificato, secondo quanto riferito dalla giornalista argentina Elisabetta Piquè (che ne aveva già parlato un anno prima), molto vicina a Bergoglio sebbene, si rileva, d’altra parte, che è vietato a pena di scomunica rivelare come si sia svolto il Concilio. Ne deriva comunque che, secondo l’autore, per procedere interpretando gli articoli in modo coerente e non contraddittorio tra loro si sarebbe dovuto applicare l’art. 69, pensato per evitare che un singolo cardinale potesse invalidare la votazione e non annullarla, né, tanto meno, ripeterla in aggiunta al limite delle quattro previste per ogni singola giornata. L’elezione quindi, non essendo conforme alla procedura, sarebbe non valida ex art. 76 della Universi Dominici Grecis.

Sul punto Socci ha già ricevuto risposta da eminenti canonisti che lo invitano a non vestirsi da giurista facendogli notare l’esistenza di tre condizioni:
1) la mancanza di conferma di quanto sostenuto dalla Piqué, e la mancanza di contestazioni da parte dei cardinali, che però, come detto, sono obbligati graviter onerata ipsorum conscientia a mantenere il massimo riserbo su quanto avviene durante il conclave a pena di scomunica;
2) l’esistenza dell’art. 66 della Universi Dominici Grecis che prevede le tre fasi della votazione: deposito del voto nell’urna, conteggio delle schede, spoglio delle schede, tanto che l’art. 68 e l’art. 69 possono regolare la seconda e la terza fase delle operazioni senza che la norma cada in contraddizione;
3) infine che se l’art. 63 prescrive un massimo di quattro votazioni al giorno, l’art. 68 prevede che si riscontra una scheda in più si brucino le schede senza procedere allo scrutinio e si proceda <<subito>> ad una nuova votazione, e quel <<subito>> è stato interpretato letteralmente (sebbene alcuni abbiano rilevato che nella formulazione in lingua latina sia scritto quanto si sarebbe dovuto tradurre con <<un’altra volta>> e quindi ciò comportando diverse conseguenze).

Dunque se per Socci Bergoglio non è Francesco, questo non vuol dire che la sede del Magistero Petrino sia vacante. A suo parere il Papa è uno ed è tuttora Joseph Ratzinger.

Si è molto discusso di questa tesi sostenuta da Socci, che ha spaccato in distinte schiere di oppositori e seguaci e forse proprio perché il dibattito sembra essere stato sviscerato in ogni aspetto della questione, la vicenda sembra aver ceduto all’interesse per come Bergoglio stia svolgendo il proprio mandato.

In verità tutto il problema sembra porsi a fortiori, viste anche le innocue conseguenze delle dichiarazioni della Piqué e l’acclamazione di Papa Bergoglio che sarebbe un sanante <<vox populi vox dei>>, allorquando si è osservato l’operato di Papa Bergoglio e la sua dottrina. A dispetto della presunta acclamazione di tutti i cattolici cristiani, la “reggenza” di Bergoglio ha invece prodotto e produce una frattura nel popolo della Chiesa, che mantiene viva la discussione sulla legittimità della sua elezione e sulla particolare forma delle “dimissioni” di Ratzingher. Tra i “Bergogliani” si riscontra, paradossalmente, la presenza dei più ubbidienti ai dettami della Chiesa e del suo reggente insieme ai più “lontani“ (non solo quelli più modernisti all’interno della Chiesa, ma anche quelli che la Chiesa non l’hanno mai apprezzata) che si riconoscono nella strada intrapresa con Papa Francesco I; quelli che sono rimasti e restano sgomenti dal suo operato, e che si sentono abbandonati come se non avessero mai capito nulla, che si dividono tra coloro che affermano che è Papa tuttora Joseph Ratzinger ed i sedevacantisti che attendono ancora il successore di Pietro.

Sembra non essere animato da pari dibattito e priva dalla dovuta attenzione la realtà unica nella storia della Chiesa dell’esistenza di due Papi, che, a differenza di quanto è avvenuto in passato, non si dichiarano essere l’unico vero successore di Pietro, l’uno alternativo all’altro, ma si riconoscono reciprocamente un ruolo legittimo all’interno del recinto petrino e, quindi, potremmo dire, nella “conduzione” della vita della Chiesa.

Questo sembra il punto più interessante di quanto tuttora vediamo sotto i nostri occhi, piuttosto dell’analisi del diritto positivo sancito dalla Universi Dominici Gregis. Se, infatti, rispolveriamo gli studi universitari di Giurisprudenza, troviamo, a fianco al principio del diritto positivo (“la legge va rispettata” che per questa via assolverebbe tutti gli esecutori del potere nazista (V. anche “La banalità del male" di H. Arendt)), il principio di costituzione materiale, ovvero di quelle norme che si possono desumere concretamente applicate nella realtà, al di là della lettera della norma. Per questa via potremmo interrogarci sul fatto che la Chiesa, come istituzione, si sia data due Papi e, non essendovi precedenti, discutere di questo aspetto della questione.

Ci sembra maggiormente interessante, in effetti, l’analisi che Socci compie della modalità in cui Papa Benedetto XVI, tuttora Papa, Papa Emerito Joseph Ratzinger avrebbe abdicato e le specifiche anomalie. Ratzinger, nel suo ultimo discorso, allorché convoca il Conclave afferma che ≪Il “sempre” è anche un “per sempre”- non c’è più un ritornare nel privato. La mia decisione di rinunciare all’esercizio attivo del ministero, non revoca questo>>. Riferisce rinunciare all’<<esercizio attivo del magistero petrino>> per motivi di salute. Ai motivi di salute, effettivamente, dopo l’esempio di Karol Woytila Papa Giovanni Paolo II, non crede nessuno, nemmeno considerando quella salute dello spirito e non del corpo che impedirebbe a Papa Benedetto XVI di governare la Chiesa in un momento per essa così difficile, risultante Ratzingher così presente nello spirito. E’ rilevante, però, la novità secondo la quale Benedetto XVI piuttosto che abdicare, conservi per se stesso, anzi, istituisca, la carica di Papa Emerito, in tal modo conservando il proprio stemma, stemma sul quale sono apposte le chiavi di Pietro e ritirandosi in preghiera.

<<Sappiamo che nei pochi precedenti storici tutti i Papi ritiratisi sono tornati al loro status precedente: di cardinale o religioso. Il famoso Celestino V, eletto nel 1294, dopo cinque mesi abdico e tornò a essere l’eremita Pietro da Morrone. E il Papa legittimo Gregorio XII che, per ricomporre il grande scisma d’Occidente, si ritirò dall’ufficio papale il 4 luglio 1415, fu reintegrato nel Sacro Collegio col titolo di cardinale Angelo Correr, andando a fare il legato pontificio nelle Marche>>.

Pertanto seppure Bergoglio fosse Papa, l’anomalia dell’esistenza di due papi nel recinto petrino è un caso unico nella storia bimillenaria della Chiesa. E su questo sembra ci sia ben poco da contestare a Socci. Tale anomalia induce quindi ad interrogarsi sulle ragioni della scelta di Ratzinger.

Dal libro emerge, nemmeno velatamente, che Papa Benedetto XVI avrebbe dovuto cedere alla pressione dei modernisti che minacciavano o erano addirittura pronti ad attuare uno scisma. In questo caso sorprende però la resistenza passiva che Ratzinger ha attuato: mentre cede l’<<esercizio attivo del ministero>> petrino, conserva il suo ruolo e quindi con essa la dottrina conservatrice della Chiesa della quale è stato eminente esponente sin dai tempi del Papato di Giovanni Paolo II.

Quale  sarebbe  quindi   l'interpretazione  di  questa manovra politica?

Se la Chiesa ha subìto un colpo di Stato, un colpo al cuore, alla dottrina, Benedetto XVI non ha ceduto lo scettro della dottrina ma lo ha portato con sé in clausura perché rappresentante di una minoranza o per evitare, difendendo la Chiesa, che i modernisti dessero luogo ad uno scisma.

Solo così ci si può spiegare la conservazione della carica di Papa da parte di Ratzingher e l’aver conservato il proprio stemma papale al quale è stato affiancato quello di Papa Francesco I.

Cosa significa poi cedere l’esercizio attivo del mandato Petrino e conservare il proprio ruolo? Finora non si è mai distinto un esercizio attivo ed un esercizio passivo, il Papa è monarca assoluto della Chiesa: Capo della dottrina, rappresentante nel mondo della dottrina ecclesiastica, guida politica. Ratzingher sembra aver conservato il ruolo di Capo della dottrina per sé stesso, come un Capitano della nave che, ammutinato dal suo equipaggio, immaginiamo dire: <<La nave non può dividersi. Fatevi dare gli ordini da chi volete purché restiate uniti, ma io resto riferimento di quella che dovrebbe essere la giusta conduzione di questa nave: quindi la saggezza si ritira con me nella mia cabina e lascio esposta la mia bandiera sul ponte, qualsiasi altra sopraggiunga dopo di me non la sostituirà ma vi verrà affiancata>>.

Se questa modalità così anomala di indire il conclave deve avere questa interpretazione, la cessione dell’esercizio attivo non è stata cessione della propria autorità e quindi è giusto che una parte di credenti che ritengono conforme alla tradizione la dottrina di Ratzinger, restino legati a lui e neghino che si possa aver avuta una successione.

Il libro prosegue poi valutando le visioni che furono di Anna Caterina Emmerich, una monaca agostiniana tedesca nata nel 1774 e morta nel 1824, sull’esistenza dei due Papi che preannunciano la fine dei tempi e sulle sollecitazioni dei messaggi di Medjugorje secondo i quali il momento attuale è molto duro da affrontare, ma alla fine si riuscirà a vincere Satana. Socci chiosa ricordando che ella, quando era ancora in vita e quindi prima che le venissero riconosciuti dei meriti pur si rivolse ai Papi denunciandone la loro inadeguatezza, volendo evidentemente citare l’esempio come precedente della sua accorata denuncia. Con questo libro, però, la discussione prosegue ed è del tutto attuale, nel senso che, condividendo o meno l’operato di Bergoglio, esponente dei modernisti e dei Gesuiti (che fanno come quarto voto quello dell’obbedienza al Papa!) della corrente innovativa di Card. Carlo Maria Martini, seppure la sua nuova modalità di gestire la Chiesa trovi tanto stupore in tutti, il consenso dei lontani ed il dissenso dei cristiani più tradizionalisti, diventa inutile condividere o meno tutte le critiche di Socci a Bergoglio. Il punto sembra essere un altro: <<Come si può negare che nello svolgimento attivo del mandato petrino di Francesco I, la Chiesa stia cambiando volto?>> Se la dottrina tradizionale bimillenaria della Chiesa, e quindi giustamente l’unica possibile e concepibile secondo i più tradizionalisti, è conservata da Papa Ratzinger, come si può negare che la più delle moderniste correnti che già ai tempi del Concilio Vaticano II furono da Papa Paolo VI, così come interpretato da Socci, intese come un pericolo, stia conducendo la Chiesa? Che ne sarà dell’attuale innovazione seppur la tradizione della dottrina dovesse un giorno ritornare in auge e riportare la Chiesa sulla sua strada?

E’ evidente che più la politica di Bergoglio piace ad atei e gnostici, salotti e mass-media, meno piace ai cristiani che hanno sempre inteso il loro compito come qualcosa di più e di più complicato che l’essere accomodante e piacione con tutto e con tutti. Una dottrina senza i paletti dei valori innegoziabili non è più una dottrina ed è la scelta di una strategia politica, anche di successo, a quanto pare. Eppure la fede dovrebbe essere altro, appunto salda nella sua tradizione. Fino a che punto si può condividere che la Chiesa muti per adeguarsi ai tempi? Il dibattito è tuttora aperto!

Alcuni cristiani vedono rinnegati (la propria dottrina e quindi) se stessi da un Papa che li abbandona per andare ad abbracciare il mondo. <<E’ questo il compiuto del Papa?>> sembrano chiedersi.

Il Papa difende certi valori e chi li condivide, e attacca chi persegue altri valori o altre scelte di vita: cristiani risposati, transgender, omosessuali, pedofili, altri frutti del più moderno concetto di libertà dell’uomo pur non essendo patologie, sono scelte di vita non condivisibili alla luce della tradizione della Chiesa ed il Papa è l’espressione più alta della Chiesa; la Chiesa è la sua dottrina, è espressione della sua tradizione o Chiesa più non è. Perché la Chiesa non è governo dei tempi.

Eppure sembra che la Chiesa abbia ceduto a quel modernismo più sfrenato che l’ha snaturata ed ha prevalso al suo interno per cui oltre a chi segue Papa Bergoglio, c’è chi si riconosce ancora in Ratzingher, come difensore della dottrina della Chiesa (anche se è difficile negare quanto stia accadendo alla Chiesa istituzione) e chi ritiene che il Seggio di Pietro sia da ritenersi vacante.

Concludiamo con i rilievi di Socci secondo il quale il governo di Bergoglio ha confermato i suoi timori e con una massima del Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica da cui sembra che, comunque la si pensi, qualcosa è cambiato!

Ma poi papa Bergoglio torna su quella pagina e aggrava il problema, infatti il 16 maggio 2013, ricevendo il comitato esecutivo di Caritas Internationalis, a proposito dei pani e dei pesci del Vangelo dice testualmente: ≪Non si moltiplicarono. No, non è la verità: semplicemente non finirono, come non finì la farina e l’olio della vedova. Non finirono. Quando uno dice “moltiplicare” può confondersi e credere che faccia una magia... No, semplicemente è la grandezza di Dio e dell’amore che ha messo nel nostro cuore, che – se vogliamo – quello che possediamo non termina≫.

Stando a queste parole chiunque ≪se vuole≫ può dunque sfamare cinquemila uomini (piu donne e bambini) con soli cinque pani e due pesci, come fece Gesù secondo la testimonianza di san Matteo. In attesa di vedere chi è capace di fare questo con la semplice volontà, dobbiamo prendere atto che il Papa qui sembra negare pubblicamente un miracolo di Gesù riferito dai Vangeli, uno dei miracoli piu importanti, significativi e clamorosi.

Non solo. Asserisce che quanti ritengono che Gesù abbia fatto davvero la ≪moltiplicazione dei pani e dei pesci≫, come la Chiesa afferma da duemila anni, hanno creduto che Gesù abbia fatto ≪una magia≫. I miracoli sarebbero da liquidare come ≪magie≫? Certo, la critica razionalista ai Vangeli da due secoli nega i miracoli presenti nei Vangeli perché nega l’esistenza del soprannaturale, e una certa esegesi ≪progressista≫ interpreta quelle pagine come simboli dei ≪miracoli≫ che può fare la solidarietà sociale. Ma nessun Papa ha mai fatto affermazioni che negano la realtà dei miracoli.
(Antonio Socci – Non è Francesco p.135)

<<Il 7 luglio 2014 la rivista argentina ≪Viva≫ ha pubblicato un’intervista a papa Bergoglio nella quale egli fornisce un decalogo per vivere felici e in pace.La cosa è stata rilanciata e amplificata come un distillato di saggezza epocale. Ma è difficile capire cosa ci sia da ammirare nella massima che Bergoglio ha posto come prima regola per la felicita: ≪Vivi e lascia vivere≫. E questa la ≪filosofia di vita≫ del Papa? E per questo che Gesù Cristo ha accettato di subire il supplizio della croce? Si resta perplessi>>.
(Antonio Socci – Non è Francesco p.136)

La scelta di papa Bergoglio di celebrare il Giovedi Santo in un istituto, dove ha voluto che per la lavanda dei piedi, fra coloro che rappresentavano gli apostoli, vi fosse anche una ragazza musulmana, ha stupito. Lucrecia Rego de Planas ha scritto che ≪è una violazione della legge liturgica>>.
(Antonio Socci – Non è Francesco p.137)

Che cosa significa l’affermazione: ≪Fuori della Chiesa non c’è salvezza≫? Essa significa che ogni salvezza viene da Cristo-Capo per mezzo della Chiesa, che è il suo Corpo. Pertanto non possono essere salvati quanti, conoscendo la Chiesa come fondata da Cristo e necessaria alla salvezza, non vi entrassero e non vi perseverassero. Nello stesso tempo, grazie a Cristo e alla sua Chiesa, possono conseguire la salvezza eterna quanti, senza loro colpa, ignorano il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa, ma cercano sinceramente Dio e, sotto l’influsso della grazia, si sforzano di compiere la sua volontà conosciuta attraverso il dettame della coscienza.
(Catechismo della Chiesa cattolica, Compendio, n. 171 in (Antonio Socci – Non è Francesco p.101)



Giulio della Valle